La strage di Ferragosto

Sin dalle prime ore del mattino sono in preparazione gli orrendi strumenti di tortura e di eliminazione fisica della “razza suina”.

Nel completo silenzio dei mass media e dei Social, si consuma, in questa giornata, un’ecatombe di porci in disprezzo dei “diritti degli animali”. Tonnellate di costine, stinchi, salamelle, sono sacrificate in ogni luogo del nostro Paese sull’altare del “braciere”.

Nei piccoli giardinetti di casa delle periferie, sui terrazzi dei palazzi, nelle radure dei boschi di collina e di montagna, nei campeggi marini, alte volute di fumo s’innalzano nel cielo indicando che ha inizio la rappresentazione.

La scena si ripete puntualmente ogni anno:
donne affaccendate a preparare vassoi colmi di brandelli di ossa mezzo scarnificate, cotechini tagliati a mezzo;
all’inizio del rito, nerboruti maschi, semi anneriti dal fumo che serpeggia ancora a mezz’aria, si agitano freneticamente per preparare la brace, rossa e scoppiettante, che cuocerà lentamente le carni posate con destrezza sulle grate del braciere; invitati e amici che assistono (con l’aria di chi “io avrei fatto….”), consigliando il metodo migliore per alimentare il fatal rogo.
Inutili sono state le proteste della categoria suina. La richiesta di essere messi sullo stesso piano degli “agnelli pasquali”, e quindi considerati “categoria protetta”, non ha sortito effetto.

Qualcuno li ha consigliati di mantenere un contegno migliore durante la permanenza nei porcili: il fango che li avvolge mentre grufolano alla ricerca del cibo non li rende certamente “amabili” quanto il vello bianco dei piccoli ovini.

Inutilmente.
La colpa essenzialmente è stata attribuita ai suini extracomunitari che non hanno ancora compreso il loro destino ferragostano.
Al sud, i metodi sono ancora più spicci: si prendono le porchette intere, s’infilzano da capo a coda e si rosolano sullo spiedo. Si narra che in questo modo si evitano le torture della macellazione.

Paese che vai, sensibilità che trovi.

Verso mezzogiorno il fumo è sostituito dal greve odore di carne bruciacchiata, tra le imprecazioni del fuochista, con la fronte imperlata di sudore, che cerca con il forchettone in mano di togliere le parti cotte e semi carbonizzate.

Ma ormai la frenesia è all’apice, si mangia tutto, carbone compreso, reso deglutibile dal bicchiere di vino ingurgitato a mo’ di lavanda gastrica.

Il rito ferragostano si è concluso anche quest’anno.


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