La casa delle vacanze: dai Paleni.



Era un vecchio edificio su tre piani, situato a monte della parrocchiale. Un alto muro separava il suo cortiletto erboso dal sagrato della chiesa.

La proprietaria era la famiglia Paleni, cognome molto diffuso in quel di Cusio, il paese che ho frequentato per diverse stagioni estive nei primi anni '50.

L'appartamento che avevamo affittato constava di una cucina a piano terra e due camere al piano superiore. Dalla porta della cucina si usciva su un altro cortiletto erboso dove, secondo consuetudine, pranzavamo sotto lo scampanio dell'incombente campanile.

La "sciura" Sandra, proprietaria del caseggiato, durante il periodo estivo viveva con le tre figlie giacché il padre, boscaiolo, emigrava per la "stagione" nei boschi dell'Alta Savoia. Pertanto erano le tre donne che accudivano i prati e le stalle di proprietà.

Spesso le accompagnavo a falciare l'erba e le osservavo mentre munite di una lunga falce e con gli zoccoli ferrati compivano l'operazione partendo dall'alto e scendendo lungo il pendio sino al limite del bosco. Il giorno successivo era dedicato a rivoltare l'erba tagliata, finché, diventata fieno, fosse trasportabile con la gerla nel fienile della stalla.

Durante la fienagione non era  raro l'incontro con qualche vipera che le ragazze, con disinvoltura e con un secco colpo della falce,  decapitavano.

Nella cucina della Sandra c'era un grande camino a lato del quale erano appesi il paiolo per la polenta, un secchio per l'acqua che veniva riempito alla fontana e un mestolo, tutti rigorosamente in rame, utilizzati quotidianamente per la preparazione del pranzo.

Alle spalle dell'abitazione, da una bella piazzetta con fontana, una stradina, poco più larga di una mulattiera,  dirigeva da un lato verso il centro del paese e, dall'altro, verso un lavatoio, posto in una valletta e rifornito dall'acqua di una sorgente e continuando, attraverso un boschetto, verso la chiesetta di Sant'Alberto. A fianco del lavatoio, in un rivolo, costruivo con gli amichetti, dighe in tufo che di notte si scioglievano e che erano rifatte con lo stesso materiale il giorno successivo.

Dalla chiesetta in poi la mulattiera diventava sempre più stretta sino ad alcune stalle poste tra i prati. Più in alto, sopra le stalle, un roccolo con  alberi posti a cerchio tutt'intorno per appendere i richiami e punteggiato da colorati ciclamini. Successivamente il sentiero, a mezza costa, raggiungeva la Valle Moresca e la mulattiera che da Averara saliva al Passo di San Marco.

Tornando all'abitazione della Sandra, a piano terra, accanto alla porta della cucina si accedeva alla cantina legnaia, luogo dove al termine del mio soggiorno lasciavo il bastone, fedele compagno delle varie escursioni sui monti vicini. Il bastone nella parte sommitale, intagliata da un amico, era riprodotta la testa di un cavallo. Lo ritrovavo l'anno successivo esattamente nel posto in cui l'avevo lasciato.

I villeggianti erano ospitati in un'ala del caseggiato rimessa a nuovo e sufficientemente confortevoli. Niente camini ma fornelli a gas in bombole, il lavandino in ceramica e pentolame in alluminio.

Ai piani superiori erano disposte le camere da letto della famiglia, pavimenti e soffitti in legno e i servizi. Per i villeggianti questi ultimi erano forniti di water e lavabo, mentre per casa Paleni tali "comodità" non esistevano: una latrina con turca...e stop!

Negli anni successivi ci venne offerta una cucina più spaziosa con l'entrata indipendente sul lato della piazzetta con fontana. Mio padre ebbe così l'opportunità di riparare al coperto la sua Lambretta.

Lo scooter in cucina!

Il "trasloco" fu reso necessario perché quell'anno, accanto alla cucina dell'anno precedente, nel porcile stavano allevando il maiale e l'aria circostante ne denunciava la presenza.

Accanto all'abitazione della Sandra risiedeva un'altra famiglia. Quando sentivo parlare di quella casa mi sorprendeva il termine con cui la definivano: «La casa della Domenica.».
Mi chiedevo perché fosse solo la casa della domenica e non degli altri giorni finché non mi spiegarono che Domenica era il nome della proprietaria.

Ero proprio un tontolone.

A Cusio, dai Paleni, trascorsi sei stagioni estive sino quando mio padre si ammalò e, successivamente, morì.

Tornai a Cusio all'inizio degli anni '60, ma già iniziava la lenta trasformazione del paese. Le seconde case sorgevano come funghi, stavano tracciando la strada per i prati d'Avaro e, soprattutto, non trovai più la "compagnia" con la quale avevo condiviso le avventure estive negli anni precedenti.

Impegni di lavoro non mi permisero di rimanere che una sola settimana, il tempo necessario per fare due passi sul monte Avaro e ai laghetti di Ponteranica.

Pochi anni dopo, ormai sposato, acquistai un appartamento nella frazione di Zambla bassa, Oltre il Colle, proprio dietro quella montagna, il Menna, che dal sagrato della parrocchiale di Cusio, al tramonto vedevo tingersi di rosa.




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