Ol Batistì
Lo vedo passare tutte le mattine, si aiuta con due bastoni ma con passo sicuro, sempre accompagnato da qualcuno. La strada che conduce al piccolo camposanto di Zambla è in salita ma il Battista, Batistì per tutti, classe 1916 la percorre con decisione: va a porgere il buongiorno a sua moglie Beniamina, scomparsa due anni orsono. Da casa sua al camposanto sono poche centinaia di metri, sebbene ripidi.
Da fiatone anche per i più giovani.
Battista Tiraboschi è il decano di Zambla bassa, il 16 aprile ha compiuto cent’anni ed è ancora lucido di mente. Era il quinto di dodici figli, tempi di nidiate e di braccia funzionali al lavoro e alla sopravivenza familiare.
Infatti, racconta che a soli otto anni lavorava nelle miniere nella zona del “Pésel”, sotto il monte Vetro: teneva i sacchi aperti mentre i minatori li riempivano di materiale. A nove fu addetto alla sorveglianza delle mucche sui pascoli del Grem; a tredici svolse il lavoro di carbonaio in val Urtighera e, a diciotto, scese in miniera.
Nell’aprile del 1940 fu richiamato dalla naja per combattere prima lungo la frontiera austriaca poi su quella Jugoslava e sul Monte Nero.
Rientrato in Italia e reimpiegato in miniera per necessità belliche, conosce Beniamina, una taissina, con la quale si unirà in matrimonio nel 1943. Un matrimonio che durerà per ben settantuno anni.
Di quella nidiata di tredici fratelli rimangono ancora Teresa novantaseienne e Luigi, novantenne, gli ultimi di una famiglia rocciosa, degni della montagna sulla quale sono nati e cresciuti.
Alcuni anni orsono, partecipai alla festa del Rifugio Maga, sul Menna. Ero reduce da una settimana trascorsa nella zona del Gran Paradiso, da Cogne a Rhémes Notre Dame passando dai rifugi Sella, Chabod, Vittorio Emanuele, città di Chivasso al Nivolet e, con il precedente “allenamento”, salendo mi sembrava di volare.
Arrivato al rifugio, prima di salire in vetta al Menna, mi ero fermato per dissetarmi. All’ingresso incontrai il Battistì che mi aveva preceduto e si stava informando sull’ora del pranzo: era già ottantenne e, osservandolo, non dimostrava alcun affaticamento, vecio alpino! Eppure molti suoi coetanei e anche molto più giovani di lui avevano usufruito del trasporto in elicottero.
Ancora oggi, vedendolo salire al camposanto, pur aiutato dai due bastoni, ha il passo fermo e cadenzato del montanaro.
Vuol attendere i festeggiamenti per il centesimo compleanno della sorella Teresa e, perché no, anche del fratello Luigi.
Auguri Battistì !
Commenti
Posta un commento